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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La politica del day/by day appare molto lontana dalle reali esigenze delle impreseIn mezzo al guado e senza “rete”

    La ricerca Abi/Censis segnala la complessità della situazione in provincia di Salerno
    Scarsa propensione a focalizzare i giacimenti di innovazione e poco capitale finanziario

    La radiografia che emerge dalla ricerca Abi/Censis (“Territorio, banca, sviluppo. I sistemi territoriali dentro e oltre la crisi”, Roma, gennaio 2014) è chiara e dettagliata: la provincia di Salerno rientra in un raggruppamento di territori identificato come un “mix destrutturato industria - commercio- turismo”. Al di la dei tecnicismi, siamo in presenza di un’area alle prese con un’identità socio/economica complessa, che si trova ad affrontare un passaggio storico importante, denso di conseguenze sostanziali nel medio e lungo periodo. “Questo sistema territoriale - è scritto nel documento analitico in riferimento alle 12 province che ricadono nel gruppo in questione - appare, così, in mezzo al guado, spinto da forze diverse e innervato da settori produttivi differenti, nessuno dei quali riesce, attualmente, ad esprimere una vera spinta propulsiva”. Ed ancora: “Crescere, innovare e riposizionarsi è un must per questo territorio, oggi in bilico, tra involuzione e crescita, con poca propensione a focalizzare i “giacimenti di innovazione” e forse anche con poco capitale finanziario per valorizzare ciò che esiste”. Un territorio, quindi, in bilico, in mezzo al guado, senza un percorso ben chiaro davanti, per mancanza di visione degli attori locali, ma anche di programmazione sufficientemente incisiva da parte dei livelli istituzionali regionali e centrali. Un territorio che sconta decenni di declino assistito, durante i quali il potere di intermediazione della politica ha avuto la meglio sugli interessi reali delle comunità amministrate. I risultati di questo scempio adesso sono sotto gli occhi di tutti e si litiga - in maniera strumentale, soprattutto a ridosso delle scadenze elettorali - anche e soprattutto per “intestare” agli avversari partitici e politici la responsabilità del disastro in corso. 
    Ma è evidente che prima o poi bisognerà sul serio cambiare verso. In larga parte le prime risposte sono già arrivate dalle aziende che da sole si sono rimesse in gioco e si sono inventate nuovi mercati, nuovi asset produttivi, nuove formule organizzative. Ma questo non può bastare, come spiega bene la ricerca Abi/Censis. “A chi spetta governare la transizione e cercare di riconquistare la strada della ripresa - si evidenzia nelle tesi finali dello studio - è chiaro: non può spettare al mero volontarismo di soggetti intermedi, ma a un’azione chiara delle istituzioni centrali e locali. Lo sviluppo passa solo per uno schema chiaro di politica economica, di cui il Paese da tempo ha bisogno”. Ed è altrettanto evidente che “i territori con le loro specificità e grandi differenze sono ancora oggi una chiave di lettura rilevante non solo per capire il Paese ma anche e soprattutto per approntare politiche di sviluppo: ciò che può essere efficace in alcune aree del Nord Ovest non necessariamente si adatta ai molti ambiti produttivi del Nord Est o ai principali centri metropolitani”. In questo quadro il ruolo del credito e delle banche ricoprirà un significato a dir poco sostanziale: “Continuerà ad essere determinante, in una prospettiva di sviluppo, il settore bancario come chiave di volta per valorizzare le schegge vitali che, nonostante la crisi, molti territori sono in grado di esprimere: dai distretti produttivi alle reti d’impresa, dalla manifattura tradizionale all’agricoltura più innovativa”. 
    Ogni territorio dovrà essere in grado di elaborare un proprio percorso - ben radicato nell’unico bacino di risorse che è effettivamente fonte finanziaria attendibile: i fondi strutturali Ue - puntando a stimolare dal basso iniziative concrete in riferimento ad alcuni determinati assi: internazionalizzazione della base produttiva; innovazione tecnologica; network di imprese; garanzie per il credito alle Pmi. Ma resta in ogni caso l’assoluta urgenza per tanta parte del Sud, della Campania e della provincia di Salerno di attivare in tempi strettissimi interventi fondamentali: ammodernamento della rete viaria e ferroviaria; logistica integrata; reti di servizi (elettricità; internet veloce etc etc); efficientamento della macchina amministrativa con la riduzione dei danni provocati da un vero e proprio ostruzionismo burocratico frutto di vari deleteri fattori (irresponsabilità dell’apparato pubblico, condizionamento della politica e via dicendo).
    Questioni non di facile soluzioni. Ma avviare - almeno - il percorso ed individuare la traccia per superare qualcuno dei problemi sarebbe utilissimo per ridare un barlume di fiducia a cittadini ed imprese.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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