Storie di territorio/L’azienda piemontese esporterà due milioni di litri (Uht)Centrale del Latte, Torino sbarca in Cina
Mentre a Salerno si rischia pericolosamente di perdere il valore del “marchio”
e non si prova a puntare sul partenariato pubblico/privato basato sulla qualità
La Centrale del Latte di Torino – azienda privata, quotata in borsa al segmento Star di Borsa Italiana – ha da poco iniziato ad esportare latte a lunga conservazione e bevande di soia in Cina: circa 2 milioni di litri di prodotti a regime. Si tratta di una storia esemplare, una storia di territorio che contiene molti insegnamenti saggi, che – magari – potrebbero costituire la traccia di riferimento per non dissipare beni molto preziosi e, a quanto pare, poco considerati da queste parti: la filiera produttiva e, naturalmente, il marchio della Centrale del Latte di Salerno. Sono proprio la filiera produttiva ed il marchio che coagulano in sé i valori intorno ai quali si concentrano tutte le potenziali strategie di successo che dovrebbero essere prese in considerazione nei territori del Mezzogiorno alle prese con la ricerca di una via d’uscita dalla marginalizzazione industriale nella quale sono precipitati. Sono proprio i “rapporti fiduciari” con il consumatore, le consolidate filiere di qualità che - attraverso politiche di marketing mirate ed incentrate sul marchio, manco a dirlo – si configurano come tra i pochi asset vincenti rimasti al Sud. E, invece, si pensa ad altro. Non, per esempio, ad un partenariato virtuoso pubblico/privato in grado di sfidare i mercati interni, ma anche – come insegna Torino – esteri sulla base di un brand taumaturgico: il Made in Italy che è garanzia di altissima gamma, al punto che anche le peggiori imitazioni sfondano in Paesi importanti sotto il profilo dei volumi. Vendere non ha alcun senso e, soprattutto, chiude ogni speranza di futuro al territorio inteso come valore unitario sul quale basare ogni azione di rilancio effettivo e concreto delle speranze di ripartenza dell’economia. Occorre, invece, valorizzare competenze endogene e lanciare la grande sfida della qualità, senza lasciare per strada nessuno. Ma, soprattutto, senza permettere che venga archiviata una piccola/grande storia produttiva nella quale si rispecchia una componente importante dell’identità non solo di Salerno, ma dell’intera area vasta che la circonda e con la quale prima o poi dovrà iniziare a confrontarsi.
Basta seguire il percorso della Centrale del Latte di Torino per scorgerci dentro la road map, i germogli di un piano industriale che – una volta reso “taylor made” sulla Centrale di Salerno – potrebbe dare buoni frutti (con il concorso di tutte le componenti). La Centrale di Torino “è un'azienda - si legge sul sito web ufficiale (www.centralelatte.torino.it) - di dimensioni interregionali, specializzata nella produzione e commercializzazione diretta di prodotti dell'industria lattiero-casearia quali latte fresco, latte a lunga conservazione (Uht), yogurt e latte fermentato con fermenti probiotici”. Naturalmente, a Torino (come anche in parte a Salerno, per la verità) un po’ alla volta si sono andati a cercare altri bacini contigui di mercato per continuare a crescere. “In aggiunta al core-business - si legge sempre sul sito web - l’azienda ha nel tempo sviluppato altre aree di interesse ad elevata potenzialità in altri settori, quali insalate di IV gamma, dei quali gestisce direttamente la produzione e la vendita. Inoltre, grazie alla forte dinamicità e all'orientamento alla diversificazione, attraverso aziende terze attentamente selezionate”, la Centrale di Torino “commercializza con propri marchi, prodotti confezionati nel segmento fresco come uova e derivati, formaggi, pasta e desserts”. E fin qui emergono elementi sostanzialmente simili al percorso della Centrale nostrana, dimensioni della produzione ed espansione territoriale a parte. Per dare un’idea: la Centrale del Latte di Torino è ben radicata in Piemonte, Liguria e Veneto e “può contare su quattro stabilimenti produttivi dotati delle più avanzate tecnologie per il trattamento, il confezionamento e lo stoccaggio refrigerato dei prodotti ubicati a: Torino, Rapallo, Vicenza e Casteggio”. E ancora: “Il Gruppo distribuisce i propri prodotti attraverso una capillare rete di oltre 170 automezzi refrigerati che giornalmente riforniscono circa 1.600 punti vendita nella Grande Distribuzione e oltre 6.000 negozi al dettaglio”. A un certo punto, però, “a fronte di una situazione di mercato assolutamente matura”, è stata attuata “una politica di sviluppo, sia per via interna, attraverso l'ampliamento della gamma dei prodotti offerti al mercato, il miglioramento continuo degli impianti produttivi e il rafforzamento e la penetrazione sui mercati, che per via esterna attraverso acquisizioni”. E “proprio per sostenere finanziariamente questo processo di crescita e sviluppo, nel novembre 2000, la società ha deliberato la quotazione al Mercato Telematico della Borsa Italiana S.p.A”. Il 2 aprile 2001 è stata ammessa al segmento "Star". E ora la sfida cinese. Una bella e grande avventura, una buona pratica che insegna tante cose. Prima di tutto a non disfarsi mai – fin quando è veramente possibile – dei gioielli di famiglia.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it