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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La ripartenza/ Nel Nord Est si sperimentano nuove iniziative per rilanciare l’industriaModello veneto per “rimettere in moto” l’economia Presentato a Padova il progetto “Cantiere d’innovazione” promosso dalla Regione 

    In campo due società operative, attivata la partnership con la locale Confindustria 

    La parola/chiave è re-start. Tradotto dall’inglese significa: riavviare, ricominciare, rimettere in moto, ripartire, ripresa. In altre parole bisogna mobilitarsi per mettere in campo nuovi modelli di intervento con l’obiettivo di anticipare i fenomeni di crisi. Senza essere costretti a ricorrere al cosiddetto “codice rosso” utilizzato al pronto soccorso quando è in arrivo un paziente in gravi condizioni. E’ un po’ questa la filosofia di fondo del progetto “Cantiere d’Innovazione” presentato nei giorni scorsi a Padova nella sede degli industriali. Un progetto promosso dalla Regione Veneto attraverso “Veneto Lavoro” in partnership con la locale Confindustria e con la finanziaria regionale “Veneto Sviluppo”. “Un cantiere - è scritto in una nota della Regione Veneto - nel quale sperimentare un modello di intervento pubblico-privato, che agisce sull’anticipazione dei fenomeni di crisi e punta al re-start azienda, qualificando il Veneto come laboratorio nazionale per la reindustrializzazione”. 
    “Diamo il via a questo progetto – ha detto Elena Donazzan, Assessore regionale all’Istruzione, Lavoro e Formazione  – perché nel governo delle crisi abbiamo constatato che gli strumenti tradizionali, come ad esempio gli ammortizzatori sociali da noi usati con efficacia e responsabilità ma che sono, comunque, a fondo perduto, non sono più sufficienti. Abbiamo visto che crisi settoriali e aziendali portano al depauperamento di interi contesti economici. Perciò vanno messi insieme tutti gli strumenti, sul fronte delle politiche del lavoro e dell’animazione per cercare, tramite l’interesse e la condivisione delle associazioni di categoria, nuovi imprenditori che tornino ad investire nel Veneto”. E ancora: “Abbiamo un obiettivo comune: non disperdere il patrimonio industriale del Veneto e anzi rilanciarlo e rafforzarlo come riferimento indispensabile per la nostra terra, la sua economia, la sua identità”. Parole molto chiare – “sante”, verrebbe da dire – che sarebbe molto utile prendere come riferimento anche da queste parti. Sul piano pratico il “cantiere” si propone di attuare alcune azioni - entro maggio 2015 – che si possono riassumere nelle seguenti directory: 
    progettare nuovi set di indicatori strutturali e finanziari; stimolare il cambiamento organizzativo delle imprese e la cultura finanziaria attraverso un modello sperimentale di “formazione/azione” e di coaching; facilitare l’accesso agli strumenti di sostegno finanziario consolidando un servizio alle aziende di problem solving; facilitare la nascita di nuovi soggetti imprenditoriali dalle crisi industriali attraverso un nuovo modello di relazioni industriali, che definisca processi di risanamento e rilancio nelle situazioni di declino accertate. Interessante ascoltare anche il ragionamento di Giorgio Grosso, presidente di “Veneto Sviluppo”. “Bisogna far crescere e rimodernare il nostro modello di partecipazioni e di finanza agevolata”. Non più - ha spiegato Grosso -  soltanto “interventi riparatori last minute”, ma una più adeguata programmazione ed un “più mirato sostegno industriale”. Molto interessante scendere nel dettaglio di che cosa rappresenta Veneto Sviluppo SpA. Si tratta di una società finanziaria, partecipata al 51% dalla Regione del Veneto e per il restante 49% da undici società con la presenza di otto gruppi bancari nazionali, “che contribuisce - è scritto sul sito web -  ad attuare le linee di programmazione economica dell'ente regionale attraverso l’attivazione e la gestione di specifici strumenti finanziari a favore delle piccole e medie imprese venete appartenenti a pressoché tutti i settori di attività”. Attualmente Veneto Sviluppo “gestisce, per conto della Regione del Veneto, oltre 700 milioni di euro di finanziamenti agevolati” e “realizza, inoltre, interventi sul capitale di rischio delle imprese, agendo con il duplice ruolo di holding di partecipazioni e di finanziaria di investimento e avendo come obiettivi sia la promozione del tessuto economico veneto, costituito principalmente da Pmi, sia la creazione di condizioni di competitività del sistema territoriale e infrastrutturale regionale” E “le partecipazioni gestite sono 26, per un valore complessivo di quasi 55 milioni di euro”. 
    Occorre aggiungere altro?
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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