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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La “ricostruzione”/Per uscire dalla crisi occorrono le “ripartenze” dal basso“Società di mezzo” e (improduttiva) deriva verticistica 

    La tesi di Aldo Bonomi sulla necessità di auto/riforma dei corpi intermedi
    Recuperare la capacità di “cucire” il dialogo tra territori e filiere istituzionali

    E’ abbastanza evidente che i tempi della ripartenza (“ricostruzione”, dice Confindustria) al Sud saranno naturalmente/strutturalmente più lenti rispetto al resto del Paese. E’ molto chiaro che le percentuali del Pil in campo positivo (sempre che la ripresa si consolidi e non diventi più volatile di quanto più volte rimarcato da vari autorevoli fonti analitiche) nelle aree del Mezzogiorno saranno più contenute che altrove. Ed è altrettanto accertato che per larga parte del 2014 il mercato del lavoro non si segnalerà in termini di incremento dei livelli occupazionali (anzi). E’ in questo quadro che è già da tempo scattata la corsa dei singoli territori (soprattutto al Nord) nella direzione dell’elaborazione di strumenti e meccanismi operativi in grado di innalzare i livelli di competitività/attrattività. Il caso di Pordenone/Electrolux – al di là della specificità della vertenza – è senza dubbio un riferimento centrale per comprendere come il nodo da sciogliere sia uno solo: immaginare e realizzare/concretizzare percorsi adeguati a trattenere gli insediamenti facenti capo a multinazionali o gruppi stranieri e, nello stesso tempo, a consentire più facilmente al tessuto imprenditoriale endogeno di sopravvivere (nella maggioranza dei casi) o di attuare (in una percentuale estremamente ridotta al Sud) nuovi investimenti. 
    Se lo scenario reale è proprio questo, tra i protagonisti attesi in questa nuova stagione (che si auspica di cambiamento, se non altro per necessità) sono tutti quei soggetti che si possono definire “di prossimità”, legati, cioè, al territorio nel quale sono insediati. Domenica 19 gennaio, sul Sole 24 Ore, Aldo Bonomi (“Ascesa e declino dei corpi intermedi senza riforme”) ha con grande lucidità messo a fuoco i termini del problema rispetto al quale le comunità del Sud appaiono in grande ritardo non solo in relazione all’elaborazione di una risposta (che non può che essere taylor made), ma addirittura dal punto di vista della stessa percezione di questa grave e progressiva criticità. Bonomi sottolinea la centralità della “società di mezzo” e la descrive nelle sue vitali caratteristiche: “Quello spazio intermedio che sta tra i flussi della crisi e della globalizzazione e i luoghi, tra la simultaneità delle reti e delle economie aperte e le prossimità dei processi territoriali, tra la dimensione liquida, per dirla con Bauman, della riforma del Titolo V, della riforma elettorale e dei cinguettii che sostituiscono lo spazio pubblico e ciò che resta sul territorio: lavoro, imprese, povertà e forme di convivenza”. Ed è proprio su “ciò che resta sul territorio” -  lavoro, imprese, povertà e forme di convivenza - che occorre concentrare l’attenzione, se si vuole veramente porre in essere il germoglio della “ricostruzione”. Come? Attraverso un nuovo protagonismo dei soggetti che esprimono la rappresentanza di lavoro, imprese, povertà e forme di convivenza. Bonomi anche su questo determinante aspetto è molto chiaro: “Piaccia o non piaccia la questione di fondo è in primis se vogliamo o meno una società senza dimensione intermedia tra economia e politica, unite in alto, e la società in basso. Poi per tutti i soggetti della società di mezzo appare la sfida dell’autoriformarsi perché ce n’è bisogno, eccome c’è ne bisogno”.
    Inutile sottolineare che il desolato panorama locale e regionale anche da questo punto di vista – tranne rare e “marziane” eccezioni – non autorizza alcun pensiero positivo. Ma almeno per istinto di sopravvivenza qualcosa, prima o poi, è auspicabile accada.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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