Crisi/E’ finita, non è finita? Restano difficili le prospettive delle regioni del Sud
L’anno che verrà? Tra nubi ed incertezze
“Decretato” il superamento “tecnico” della fase recessiva si contano danni e “macerie”
Tempi lunghi per la “ricostruzione” e la persistenza del credit crunch “gela” le imprese
Risulta difficile prendere atto che la crisi è stata archiviata e che alle porte ci sarebbe addirittura la ripresa. Eppure tecnicamente è così. Come spiegarlo a famiglie ed imprese del Sud che si stanno ancora medicando (da sole) le ferite subite nel corso di questi ultimi anni? Le immagini alle quali ha fatto ricorso il Centro Studi di Confindustria sono eloquenti e confermano la gravità di quanto accaduto ed ancora accade in larga parte delle regioni del Mezzogiorno. I danni subiti, dice Confindustria, sono “commisurabili solo con quelli di una guerra”. Ed anche sulla parola “ripresa” Confindustria non è troppo d’accordo. Occorre cambiare linguaggio: “L’uso del termine «ripresa» per descrivere il probabile aumento dell’attività produttiva e della domanda interna nel prossimo biennio - è scritto nel documento diffuso nei giorni scorsi dal Csc di Confindustria - è, infatti, per molti versi improprio, (…) perché appare derisorio nei confronti di quanti, imprenditori e lavoratori, a lungo resteranno in difficoltà. Molto meglio parlare di inizio di una nuova era e di «ricostruzione»”. Insomma: non è il caso di stare ad enfatizzare la fine del picco negativo, più che l’inizio di una vera e propria ripartenza. Soprattutto da queste parti, dove ci si trova a fare i conti con uno scenario generale molto complesso. Aggravato da un 2014 che farà riemergere la conflittualità politica: sarà l’anno delle elezioni europee (ma questo è un dato comune al tutto il Paese), ma sarà anche l’anno che precede la corsa alla conquista della Regione Campania (e qui il discorso inizia a diventare più locale), senza contare le ipotesi elettorali che potrebbero riguardare il Comune di Salerno. Non si voterà, invece, per il rinnovo del Consiglio Provinciale, anche se (c’è da scommetterci) la designazione dei rappresentanti dei Comuni nel “ristrutturato” consesso di Palazzo Sant’Agostino sarà certamente motivo di prevedibili scontri. C’è, infine, da seguire con attenzione l’evolversi dell’eventuale, controversa istituzione della città metropolitana. Politica, quindi, in fibrillazione con conseguenze sempre non positive sulla piena operatività di decisioni e provvedimenti che sarebbero, invece, urgenti da varare con l’unico obiettivo di affievolire, per quanto possibile, i divari di competitività con gli altri territori.
Va detto che non mancano iniziative che evidenziano la presa di coscienza da parte delle categorie produttive della necessità inderogabile di affrontare, in maniera diretta e senza ulteriori ed inutili interlocuzioni con la filiera istituzionale, le problematiche più pressanti. La finanza di territorio è diventata realtà in provincia di Salerno attraverso i bond – che hanno trovato inaspettatamente in tempo brevissimo piena collocazione – realizzati in joint da Confindustria Salerno con Banca Sella. Non era un successo scontato e certamente il presidente degli industriali Mauro Maccauro ha portato a casa un risultato importante (e non solo in termini di liquidità da rendere disponibile per le imprese iscritte alla sua associazione, che, comunque, non è obiettivo di poco conto di questi tempi). Naturalmente, manca la cornice complessiva, il disegno chiaro e realmente in grado di “incidere” in termini di vera e propria politica industriale al servizio degli asset trainanti dell’economia provinciale. Ma questo, ovviamente, non rientra nella sfera delle competenze e dei poteri decisionali delle categorie produttive. Pesa come un macigno, cioè, lo scollamento tra “visione” istituzionale ed istanze reali dei territori. La carenza di peso specifico delle rappresentanze politiche ed amministrative delle singole comunità locali si trasforma in gap economico difficilmente colmabile in breve tempo. E’ andato disperso il valore della piena soggettività politica, l’unica in grado di favorire l’elaborazione di risposte coerenti con le esigenze delle forze trainanti del sistema produttivo. Forze fortunatamente resilienti, che sono state capaci in questi lunghi e difficili anni di riposizionarsi sui mercati, vincendo anche all’estero, e che oggi si ritrovano ancora sole, in attesa di intravedere una prospettiva meno accidentata. Se non si rimettono insieme i pezzi che compongono il mosaico di un territorio che marcia compatto nella stessa direzione della crescita nel segno delle proprie identità sociali e produttive, non si uscirà dalla crisi. Al massimo si ritornerà a “galleggiare” nella retorica del dibattito “declino/non declino”. E a pagare il conto saranno ancora famiglie e imprese.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it