L’analisi degli indicatori economici conferma la marcata flessione produttiva nel 2013La ripresa? Manca lo spirito della “Lega di Delo”
Gli angusti spiragli di “ripartenza” appaiono ineludibilmente correlati all’individuazione
di una strategia di “ampio” respiro in grado di imporre la vera logica della competitività
A stare concentrati sul proprio ombelico si perdono di vista scenari più ampi. Decisivi nell’epoca della cosiddetta glocalizzazione dell’economia. Il recente report dell’Ocse da questo punto di vista consente di avere le idee chiare per evitare fuorvianti ottimismi sulla ripresa che nel 2014 dovrebbe in qualche modo manifestarsi – dicono – anche in Italia, al Sud e – dicono ancora – in Campania. L’Economic Outlook dell’organizzazione che ha sede a Parigi attesta che il Pil nazionale - dopo una contrazione dell'1,9% nel 2013 - crescerà dello 0,6% nel 2014 e dell'1,4% nel 2015. Stime peggiorative rispetto a quanto testato dall’Istat e dal Governo.
Il problema di fondo resta quello del debito pubblico che pare, invece, destinato a crescere fino a toccare il 133,2% del prodotto interno lordo nel 2014, per, poi, calare al 132,6% nel 2015. Evidente che in queste condizioni restino superiori i tassi di interesse pagati da quanti – pochi, per la verità – ricevono denaro dalle banche in Italia e nei Paesi dell’area meridionale dell’Eurozona, rispetto ad altri, i cosiddetti Paesi “virtuosi”. Confermato anche un trend messo a fuoco da tempo: quel poco di ripresina che si vedrà non sarà sinonimo di nuova occupazione. Al contrario: la lenta e “volatile” uscita dal campo recessivo si accompagnerà a livelli alti di persone in cerca di lavoro. Un classico, quasi da tempesta perfetta. Domanda: ma rispetto a questo quadro così complicato che si fa in un territorio - come la provincia di Salerno, per esempio - che già prima della bufera economico/finanziaria era in stato di conclamato declino produttivo? Il problema non è tanto provare a ridimensionare il solito tasso di litigiosità politico/istituzionale (e non solo) - impresa ormai ben oltre il limite del possibile – ma almeno ad avviare un ragionamento sereno, corretto, scevro da dietrologismi di qualsiasi genere. Un ragionamento che colga, cioè, un “passaggio” essenziale: ottenere l’attivazione di progettualità strategiche - infrastrutture materiali ed immateriali per cominciare, ma l’elenco completo è stato già fatto mille volte – sulla base di priorità condivise, che, per una volta, non si scontrino, poi, con le diverse “volontà” capaci di fare ostruzionismo dietro (quasi sempre) o davanti (più raramente) le quinte. Non sarà un percorso facile. Anzi, in un anno molto “politico” come il 2014 non è detto neanche che possa partire. La sensazione è che continui a prevalere la “sindrome di Sparta”: vecchi e nuovi municipalismi che guardano raramente “oltre la siepe”. Proprio quando sarebbe necessario recuperare lo spirito – per rimanere nel tema della sindrome di Sparta – della Lega di Delo, la confederazione messa in piedi da Atene e da diverse città-stato greche durante la fase conclusiva delle guerre persiane. Naturalmente non fu messo mai in discussione il primato di Atene, ma alla Lega aderirono oltre centocinquanta città, tra le quali molte di grande importanza (Efeso, Mileto, Troia, le isole di Lesbo, Rodi, Samo, Delo e la penisola Calcidica). La Lega nacque principalmente per reperire le risorse necessarie per combattere i persiani. Insomma politica estera e difesa furono le deleghe rispetto alle quali ciascuna città-Stato fece un passo indietro in nome dell’interesse comune. Ecco tutto. Se si riuscisse a recuperare un minimo senso dell’interesse superiore del territorio nel suo insieme, rispetto ai tanti particolarismi che non portano da nessuna parte, forse – non proprio nel 2014 – la crisi potrebbe anche incamminarsi vero una exit strategy credibile.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it