contatore accessi free Salerno Economy - Blog di informazione economica

ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • L’analisi del Censis/La dimensione provinciale resta predominanteTra neomunicipalismi ed “Aree vaste”

    Per promuovere sistemi territoriali di sviluppo competitivi risulta
    indispensabile non depotenziare gli Enti intermedi di governo

    Tra gli elementi – ormai ciclici – della strategia dell’annuncio politico merita un posto di rilievo l’abolizione delle Province. Un tema ampiamente sfruttato demagogicamente da vari attori partitici, che, peraltro, è ancora aperto ad ulteriori “innovative” iniziative in termini di ristrutturazione istituzionale. L’analisi del ruolo delle Province che ha proposto nei giorni scorsi il Censis – in occasione dell’assemblea generale dell’Upi – rimette al centro del ragionamento, invece, la questione della rappresentanza e della soggettività politico-istituzionale dei territori, recuperando un “asset” estremamente rilevante: l’area vasta. Un ambito di riferimento completamente travolto dall’affermazione del “neomunicipalismo” autarchico che ha preso il sopravvento a partire dall’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci. E’ interessante valutare la riflessione di Giuseppe De Rita (presidente del Censis, vedi altro articolo nella sezione “Approfondimenti”) che pone in evidenza la necessità di non sottovalutare le dinamiche aggregative proprie degli Enti di governo degli ambiti intermedi. “La dimensione territoriale provinciale - ha spiegato De Rita - rimarrà centrale nei destini del nostro Paese. E questo vale a maggior ragione oggi, nell'attuale fase di crisi economica e finanziaria e di grande difficoltà della società civile”. “Nella gran parte delle province italiane - ha sottolineato De Rita - si registra una capillare distribuzione sul territorio di popolazione, imprese e servizi, cui corrisponde una complessa trama di relazioni. Si pone dunque con forza l'esigenza di mantenere e rafforzare un governo di area vasta unitario e coerente. E’ un'esigenza diffusa, assolutamente non limitabile ai territori delle province oggi destinate a tramutarsi in città metropolitane”. 
    In altre parole: se ragioniamo di competitività dei territori, bisogna provare a rafforzare e non a depotenziare i livelli di rappresentanza di comunità estese, capaci di guardare oltre la siepe dei confini e dei perimetri delle singole città in termini di relazioni virtuose da vari punti di vista. Non solo sotto il profilo delle potenzialità economiche e produttive – che, pure, assumono valenza sostanziale – ma anche nella prospettiva di un rapporto costruttivo e paritario tra centri urbani e “periferie”. Se si vuole finalmente intraprendere, soprattutto al Sud, il percorso delle “reti” e delle piattaforme territoriali che entrano in relazione – si spesa non soccombente – con altre aree dell’Italia e del mondo, occorre tutelare proprio la dimensione provinciale. Tutto qua. Naturalmente, il discorso dei costi della politica va affrontato senza indugi, ma non risulta che nel caso di specie i risparmi siano proprio quelle preannunciati: nell’economia complessiva di una macchina pubblica che ancora produce sprechi inaccettabili il peso non pare così determinante.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


Torna indietro Stampa

La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

  • thumbnail-small-1.jpg

    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


  • Il Convertitore Valuta è offerto da Investing.com Italia.