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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il Rapporto Svimez mette a fuoco pochi driver per rilanciare la crescitaIl deserto invasivo e le potenzialità dei territori L’analisi delle problematiche strutturali conferma l’esigenza di attuare
    politiche industriali selettive, concentrate sugli asset realmente attrattivi

    Il problema non sono più le “letture” di quanto accade ormai in maniera strutturale in Campania ed in altre regioni del Mezzogiorno. I dati Svimez offrono l’ultima fotografia, approfondita e di dettaglio, dello scenario che è davanti ai nostri occhi. Si tratta di un quadro che prima di ogni altra cosa sottolinea l’allargarsi del divario con il Centro Nord. Anche dal punto di vista delle proiezioni – per esempio – sul Pil del prossimo anno. Ma, forse, è meglio concentrarsi principalmente sulle cose che si dovrebbero fare senza perdere ulteriore tempo. La Svimez indica alcune direttrici di marcia di cui dovrebbero tenere conto le singole Regioni nel momento di richiedere al Governo centrale un pacchetto di interventi capace di configurare un disegno organico incentrato sulle potenzialità rintracciabili – nonostante la grave crisi – in ampie fette di territorio meridionale. Quali sono questi percorsi di riferimento? Riqualificazione urbana; energie rinnovabili; sviluppo delle aree interne; infrastrutture e logistica. Se questo è il contesto, la cornice che raccoglie le priorità strategiche sulle quali insistere, è altrettanto necessario farsi carico delle problematiche che il tessuto produttivo meridionale non riesce a superare, o – almeno – a mitigare. La Svimez evidenzia anche in questo caso l’urgenza di intervenire per favorire l’innalzamento delle dimensioni medie d’impresa; il rafforzamento della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico; l’aumento del grado di apertura verso l’estero e il rilancio delle politiche di attrazione; la riqualificazione del modello di specializzazione produttiva; la riduzione del grado di fragilità finanziaria, che rende più difficile l’accesso al credito. Il problema – nel problema – è che è indispensabile lavorare contemporaneamente per realizzare un’azione di sistema sui driver di crescita e per agevolare ed accompagnare il miglioramento del livello di competitività delle singole imprese del Sud. E’ del tutto evidente che non potrà essere la tecnocrazia dilagante – a Roma come a Bruxelles – il soggetto trainante per tentare di attivare le risposte politiche a questioni così complesse. La grave carenza di soggettività politica ed istituzionale orizzontale dei territori meridionali si traduce in una pallida incisività in tutti le sedi competenti (quelle che realmente contano ed incidono). Con i risultati che conosciamo: la crescita di un dualismo che non porta nulla di buono anche – se non soprattutto – in termini di coesione sociale e di potenzialità di futuro per le giovani generazioni. In altri termini: la selezione meritocratica inesistente del ceto dirigente (non solo politico ed istituzionale) e la persistente presenza di un sistema di consociativismo localistico sterile e controproducente continua a pietrificare le tante opzioni di ripartenza di troppe aree del Mezzogiorno che di fatto guardano l’Europa da molto lontano, se non proprio dall’esterno.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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