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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Se le idee vanno in “rete”

    “Sul fronte dell’industria servono misure selettive per innalzare le dimensioni medie delle imprese, promuovendo la formazione di “reti” e favorendo un maggiore accesso al credito; per aumentare il grado di apertura verso l’estero; per rafforzare le attività di ricerca e innovazione anche favorendo la formazione di distretti tecnologici, laboratori pubblico-privati e spin off”. Scusate la citazione, ma sono importanti la fonte: la Svimez, (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno); e la data: 16 febbraio 2012. Si tratta di un comunicato stampa diffuso al termine dell’audizione del presidente Giannola alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. La Svimez ha anche reso noto che le proprie stime in relazione al Pil nel 2012 fanno registrare un calo del 2 per cento nel Mezzogiorno, a fronte di un meno 1,3 per cento nel Centro-Nord. Insomma, siamo in piena recessione. Ma al Sud la recessione è più recessione che altrove: solo una conferma, ce ne eravamo già accorti. La parte più interessante, in questo drammatico contesto, è il pensiero propositivo della Svimez che è in sintonia con quanto emerge dalle opinioni di diversi e importanti attori sociali presenti sul nostro territorio. Fa piacere, in altre parole, constatare che a livello di diagnosi e di elaborazione di percorsi programmatici anche in questa nostra comunità si muove una linea significativa di “riflessione consapevole” di quanto occorrerebbe immediatamente fare. Tre esempi. Il segretario generale della Cgil Campania Franco Tavella è subito entrato nel merito: stiamo attenti – ha spiegato – a non perdere altro tempo, si rischia “una guerra tra poveri”, a proposito della “deriva” nella quale potrebbero presto perdersi gli ammortizzatori sociali. Altro che dibattito sull’articolo 18. Remo Russo, amministratore del Parco Scientifico e Tecnologico, ha espresso tutte le proprie perplessità sui ritardi inammissibili di pubblico e privato in merito all’attivazione dei necessari ed indispensabili collegamenti tra circuito della ricerca e dell’innovazione e mondo produttivo. Ieri, nella pagina “Imprese & Mercati”, il presidente degli industriali Mauro Maccauro ha chiuso il cerchio: costruiamo - ha proposto - la rete delle eccellenze imprenditoriali e mettiamo subito mano all’elaborazione di un’agenda delle priorità da portare all’attenzione dei tavoli istituzionali. Insomma, facciamoci carico di condividere le “ricette” giuste senza aspettare che ce le calino dall’alto. Maccauro ha, dunque, insistito sulla costruzione delle “reti” d’impresa. Esiste, quindi, una parte significativa del panorama degli attori sociali e categoriali di questa città che è perfettamente consapevole di quanto occorre fare. Fa bene Maccauro a parlare di superamento delle cabine di regia e dei tavoli di confronto. Perché è il momento della concretezza. Perché è urgente arrivare alla configurazione di un “sindacato del territorio” attraverso sentieri autonomi dalla politica (come ha ricordato fin dal suo insediamento). Ed è importante che Maccauro mostri - come si evince dalla sua relazione programmatica - di avere già di fatto superato i parametri dei ragionamenti “angusti”: non c’è più spazio per logiche restrittive in base alla sola, sebbene legittima, visione categoriale. Sul tavolo delle istituzioni devono arrivare, invece, proposte “larghe”, inclusive del vero e unico interesse che conta: quello di una collettività da troppo tempo strumentalizzata – con tante complicità, come dice Tavella – a proprio svantaggio. E non sempre inconsapevolmente. Troppo spesso la logica clientelare ha avuto il sopravvento; la logica della tutela delle rendite di posizione ha consentito il proliferare di “oligarchie” familiari tipiche del Mezzogiorno (e non solo). Il risultato è sotto gli occhi di tutti noi: se non costruiremo presto distretti tecnologici e laboratori pubblico-privati capaci di coltivare spin off di qualità, i nostri figli continueranno ad alimentare, nel migliore dei casi, il nomadismo professionale di chi ha in tasca una laurea ed un master, ma non un lavoro (fisso o precario non fa più ormai differenza qui da noi). Insomma, “il tempo invecchia in fretta” (copyright Antonio Tabucchi): facciamo veramente “filiera” di uomini e progetti che camminano da soli sulle proprie gambe. La politica e le istituzioni dovranno adeguarsi. Anche se non lo hanno ancora compreso. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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