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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Crisi, territori e sindrome di Sparta Recuperare una rappresentanza efficace diventa un asset strategico
    "Cucire" le reti piccole con quelle medio/grandi si rivela obiettivo prioritario

    Il tema della rappresentanza dei territori – preminentemente in termini istituzionali – ritorna in maniera diffusa nel dibattito in corso tra analisti e studiosi della materia. L’intervista a Pasquale Persico (che salernoeconomy.it pubblica questa settimana) lascia affiorare alcune direttrici di pensiero molto rilevanti per provare a comprendere il complesso scenario nel quale si trovano immersi il Mezzogiorno e la Campania. Mentre ci si perde spesso in polemiche sterili derivanti in larga parte dalla corsa al predominio del mercato politico delle leadership in tempo di crisi, si riscontra con sempre maggiore evidenza il ritardo non solo meridionale (per la verità) nella nascita dal basso di soggettività orizzontali in grado di “cucire” il tessuto di reti piccole e locali con reti medie e grandi infrastrutturali, di servizi, di relazioni, di saperi e di management. Il ragionamento di Persico è estremamente accattivante, ma anche molto allarmante. Quello che si dovrebbe fare – secondo la ricetta del professore partenopeo – appare davvero impresa da marziani in provincia di Salerno, ma anche nell’intera Campania. Il recupero del concetto di città “aperta” all’area vasta si scontra fortemente con i tanti neomunicipalismi che hanno acquistato nel tempo una patina di vetero-autoreferenzialità. La stagione dell’elezione diretta dei sindaci – senza che prendesse mai forma il decollo dell’aree metropolitane – ha prodotto la “sindrome di Sparta”, senza lasciare spazio alcuno alla logica non solo della “rete” virtuosa, ma anche a quella della “lega” delle tante “Sparta” piccole e disperse, incapaci di agganciarsi ad economie di scala effettive e non declamate nei tanti libri dei sogni esibiti nelle svariate campagne elettorali. Cosa resta adesso da fare? Non esistono, naturalmente, pozioni o formule magiche. Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso. Ritrovare il senso e le proporzioni insiti nelle dinamiche di un’economia altamente competitiva. Ragionare, cioè, in termini di agglomerazioni produttive capaci di guardare alla sfida con gli altri sistemi territoriali e uscendo dalla politica degli interventi di corto respiro che non aggiungono nulla di strutturalmente valido ai processi di produzione di ricchezza e di occupazione non effimera. Percorsi non semplici e molto lontani dalla mentalità predominante all’interno di una classe dirigente sempre più distante dalla realtà dei territori e delle comunità di cui, pure, dovrebbero essere espressione e rappresentanza effettive.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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