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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il lavoro? Emergenza sociale

    E’ giusto che gli ultimi dati sul mercato del lavoro in Campania abbiano destato allarme e preoccupazione. Naturalmente non è affatto semplice mettere in campo risposte efficaci ed in tempi relativamente brevi. Proprio perché il problema da affrontare non è più di natura congiunturale, ma strutturale. Il ritardo accumulato da tutti gli attori che insistono sui vari territori (non solo le istituzioni) è ultradecennale. L’evidenza dei dati Svimez è lampante. Ma l’aspetto più preoccupante è un altro: non si ravvisa alcun cambiamento nell’approccio metodologico alla rimozione delle variegate concause che hanno generato questo panorama così desolante. In altre parole: la crisi degli ultimi anni ha dato la spinta ulteriore al declino del sistema economico e produttivo meridionale e campano in particolare, ma – in realtà – il percorso negativo è iniziato molto tempo prima. Ora, però, la risalita è estremamente complicata perché gli stessi attori dello sviluppo perpetuano liturgie obsolete, trascurando la necessità di una reale coesione sugli obiettivi da porsi e da raggiungere (inderogabilmente) in tempi compatibilmente brevi. Le partite vere – le uniche che contano – sono quelle della rimodulazione dei fondi strutturali relativi agli anni scorsi e - maggiormente - dell’impiego dei nuovi fondi Ue (a conti fatti circa 100 miliardi a livello nazionale, includendo cofinanziamenti e fondi aggiuntivi vari). Se si raggiungesse un discreto grado di unità d’intenti, sarebbe, comunque, molto difficile rimettersi in marcia verso quella convergenza che oggi è più che altro un riferimento di lungo periodo. Il quadro complessivo che i principali indicatori economici fotografano è il seguente (fonte Svimez/luglio 2013). Negli ultimi quattro anni - 2008/ 2012 - il Mezzogiorno ha perso oltre il 10% di Pil, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). “Guardando agli anni della crisi, dal 2008 al 2012, si confermano le profonde difficoltà della Campania e della Sicilia, che segnano cali cumulati rispettivamente del 10,8% e dell’11%, accanto a Calabria (-10,2%), Basilicata (-11,8%) e Molise (-14%)”. E ancora: “Il Mezzogiorno tra il 2008 ed il 2012 registra una caduta dell’occupazione del -4,6%, a fronte del -1,2% del Centro-Nord. Delle 506mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 301mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presente appena il 27% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi”. Se, poi, si prendono in considerazione i singoli comparti – sempre tra il 2008 ed il 2012 – ci si trova di fronte ad una sequenza di segni meno in tutti i settori: nei servizi (-1,3%); nell’agricoltura (-1,8%); nell’industria in senso stretto (-10,5%); nelle costruzioni (-21,6%). “In valori assoluti – spiega ancora Svimez - su oltre 300mila posti di lavoro in meno dal 2008 al 2012 al Sud 234mila si concentrano nell’industria”. E “a livello regionale, la quasi totalità delle perdite si registra in tre regioni: la Campania perde 93mila posti di lavoro; la Sicilia 85mila; la Puglia 49mila”. In termini di tasso di disoccupazione “quello ufficiale nel 2012 è stato del 17,2% al Sud e dell’8% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. (…) In un anno i disoccupati ufficiali al Sud sono cresciuti di oltre 200mila unità, salendo da 978mila a oltre 1 milione 281mila”. La realtà delle cose non lascia spazio a troppe interpretazioni. Bisogna prendere atto del persistente dualismo e rimboccarsi le maniche territorio per territorio. Possibilmente remando tutti insieme nella stessa direzione. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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