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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La ripresa? Al Sud sembra un miraggio

    Nella calura di agosto i pensieri si incamminano da soli verso le mete preferite per sfuggire al senso di oppressione che l’afa insopportabile scatena di fronte alla scansione di un tempo che sembra lentissimo. Bisogna, però, prendersela con “filosofia”: non sempre il corso degli eventi è conforme alle aspettative ed ai desideri (se non ai sogni ad occhi aperti). La descrizione dei percorsi – quelli immaginati ed anche più volte annunciati, ma mai realmente intrapresi – ritorna alla memoria confermando la cronica incapacità di questo territorio di agganciare una prospettiva credibile di futuro. Rimbombano ancora certi discorsi: “Bisogna iniziare un percorso. E’ necessario fare un percorso”, eccetera eccetera. Rifugiarsi nella pratica nefelomantica (l’arte di decifrare il profilo delle nuvole per trarne buoni o cattivi auspici), per esempio, è senza dubbio un ottimo rimedio per provare a contrastare il senso di vuoto (anche interiore) che prende forma giorno dopo giorno nel limbo del rito sbiadito (e talvolta insensato) delle vacanze. La metafora del miraggio è, quindi, abbastanza appropriata per descrivere la prima reazione di fronte ai timidi annunci del superamento della fase recessiva. Non si tratta di un pessimismo di tipo cosmico o – più terra terra – di maniera (meridionalisticamente piagnone). Occorre, invece, intendersi. Perché bisogna spiegare bene che cosa significano per il Sud in termini concreti queste previsioni improntate ad un “cauto ottimismo”. La forza dei numeri – quelli della Svimez – non lascia spazio a troppi dubbi. Anzi, conferma due certezze. La prima: per il Mezzogiorno si prospettano ancora mesi ed anni difficili. La seconda: non conviene a nessuno continuare a stare alla finestra aspettando che il peggio passi e sperando che si possa riprendere il “galleggiamento” nel declino diffuso di interi territori senza identità produttiva e, soprattutto, senza il recupero di un protagonismo virtuoso e concreto “dal basso”. Niente ritornerà come prima perché è cambiato il mondo, non solo l’Italia o l’Europa. E perché il Sud è sempre più solo. Condannato dal “minimalismo” (per essere buoni) di una classe politica e, più in generale, di una classe dirigente semplicemente inadeguate ed incapaci. Molto lontane dal tentativo di esprimere un autentico rinnovamento meritocratico e scevro dai meccanismi tipici della cooptazione sistemica generati dai soliti schemi di un potere che – alla fine – riesce ancora da queste parti (ma non solo) a logorare chi “non ce l’ha”. Insomma, la festa (intesa come distribuzione generosa e clientelare di fondi a pioggia e senza controllo) è davvero finita. E non ci saranno spazi di crescita e di benessere socio-economico per quei territori che non sapranno esprimere un livello di competitività almeno dignitoso. E’ questa la verità: bisogna prenderne atto ed anche in fretta. Senza lasciare troppo sole quelle avanguardie – purtroppo molto sparute – che pure qualche segnale stanno provando a lanciare. Vale la pena, quindi, riproporre i dati della Svimez riferiti alle previsioni inerenti gli indicatori economici delle regioni meridionali nel prossimo anno. “Nel 2014 – scrive nero su bianco la Svimez (26 luglio) secondo le nostre stime il Pil nazionale è previsto a +0,7%, invertendo la tendenza recessiva degli anni precedenti”. Ma “in questo contesto – si legge subito dopo - il Pil del Centro-Nord segna +0,9%, quello del Mezzogiorno un timido +0,1%”. E ancora: “Continua anche nel 2014 il calo dei consumi totali, ma con dinamiche più contenute rispetto agli anni precedenti, anche se il Sud continua a essere negativo: -0,9% contro +0,1% dell’altra ripartizione”. Il divario, insomma, è una costante imperitura. “Continua poi anche nel 2014 – dice sempre la Svimez - il calo degli investimenti, al Sud più che doppio rispetto all’altra ripartizione (-6,1% contro -2,6%)”. Se, poi, parliamo del lavoro, il quadro è chiarissimo. “Riguardo all’occupazione, secondo le stime Svimez, nel 2013 l’intero Mezzogiorno perde quasi il 2%, mentre il calo è più contenuto nelle altre ripartizioni”. “(…) Nel 2014 - continua la Svimez - tra le regioni del Mezzogiorno e del Centro-Nord si apre uno deciso spartiacque: negative le prime, positive le seconde”. Il Nord farà segnare un +0,2% e il Centro +0,1%, il Sud rallenterà con un -0,1%. La Campania si segnalerà con un -0,3%. Insomma, parlare del miraggio della ripresa non è una botta di caldo agostano. Sarà il caso che sotto l’ombrellone baleni, almeno per un attimo, la consapevolezza - tra una dichiarazione inutile e l’altra - che occorre fare davvero qualcosa di concreto? Magari sarebbe “coerente”, sebbene con ingiustificabile ritardo, “avviare un percorso”. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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