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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Lezione di dignità al discount

    Accade a volte che un piccolo dettaglio illumini la mente alla ricerca di una risposta, di un perché che sembra difficilmente rintracciabile. E’ questione di pochi attimi: come una squadra colpita e affondata da un contropiede veloce e spietato si rimane quasi attoniti a contemplare quella che appare inconfutabilmente l’evidenza dei fatti. E’ come quando non si vuole credere – a dispetto delle tante conferme provenienti dall’analisi razionale della dinamica dei comportamenti – alla verità delle cose, preferendo rimanere nel limbo del non “vedere per non sapere”. La scena si è svolta con assoluta linearità. In fila alla cassa di un supermercato prende forma il capriccio di un bambino che implora la madre di comprargli il classico pacchetto di gomme (coloratissime) da masticare esposto ad arte a pochi centimetri dal “traguardo” dell’uscita. La signora si guarda intorno e, poi, sussurra al figlioletto: “Non piangere, ora andiamo al discount dove costano meno”. Tutti ascoltano in silenzio e guardano per aria con finta indifferenza. La signora alla fine deve cedere e compra le gomme, sapendo bene che anche quella piccola spesa in più inciderà sui conti di famiglia. Ma la lezione di dignità vera e propria arriva qualche ora dopo all’interno di un affollato discount di periferia. La prima sorpresa deriva dalla composizione sociale della clientela che gira tra gli scaffali. Ceto medio che si mescola ad immigrati soprattutto dell’Est Europa; annoiati professionisti con la lista della spesa scritta di proprio pugno dalla moglie che li delega agli acquisti del sabato mattina; famiglie intere di patriarcale o matriarcale impostazione che hanno semplicemente “traslocato” nel circuito della grande distribuzione più “low cost”. La lezione di dignità si articola in due fasi. La prima è legata all’accurata selezione delle cose da acquistare che vengono attentamente valutate: lettura dell’etichetta, confronto del prezzo tra le varie confezioni, controllo anche visivo (quando possibile) della qualità dei prodotti. Il modo di approcciare il momento nel quale si decide di spendere sembra recuperare il perduto senso del valore dei soldi che usciranno dal borsellino. Una ritualità antica, legata alla consapevolezza della fatica e del sudore indispensabili per avere diritto al momento dell’acquisto. La seconda fase è ancora più carica di valorialità e si esplicita nel calcolo di quanto si è speso e di quanto ancora si può spendere. E’ un pezzo d’Italia del dopoguerra che ritorna e – per fortuna – comunica l’esistenza in vita di una dimensione più umana e vera della dinamica dei consumi così deteriorata dalle degenerazioni della compulsività ad acquistare ogni cosa possibile tipica delle cosiddette società del benessere. In alcuni casi il racconto delle emozioni sui volti delle persone che si trovano nel discount riportano alla mente - per fare un paragone del tutto fuori luogo ed azzardato - alcune descrizioni di Eben Alexander (“Il paradiso esiste. Ci sono stato. Milioni di farfalle”). Si comprende il ricordo di altri sabato mattina. Magari spesi in ben differenti “non luoghi” dove si materializza non la propensione al consumo, ma all’edonismo consumistico. “Non fu un’unica farfalla ad apparire – scrive Alexander parlando del paradiso e della vita oltre la morte – ma tutte insieme, come un fiume di vita e colori che si muoveva nell’aria”. Ecco, si può avere davvero tanta dignità nell’affrontare le ristrettezze economiche e le improvvise curve della vita. Si può essere talmente ricchi di umanità da suscitare commozione. Ma queste sono cose che appaiono lontane mille miglia dai palazzi della politica che sperpera ancora - altro che spending review – e da chi si ostina ad infierire fiscalmente sui soliti noti (pensionati, impiegati a busta paga, professionisti con fatturato medio-basso). E’ questo il mondo - al quale si deve grande rispetto - che alimenta le statistiche più recenti sullo scenario delle vendite. Quelle che evidenziano come proprio nei discount è aumentata la diffusione dei cibi low cost (+1,3%), mentre risultano in calo tutte le altre catene distributive. L’analisi della Coldiretti - sulla base di dati Istat (maggio 2013) - indica che le vendite della Gdo hanno fatto segnare un -2,5 per cento negli ipermercati e un -1,8 per cento nei supermercati “per un totale che, nonostante la crescita dei discount, rimane comunque negativo (-1,6 per cento)”. E’ questa la realtà che in tanti si sforzano ancora di rimuovere. Ma i paradisi con milioni di farfalle sembrano proprio destinati a rimanere soltanto un ricordo. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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