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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • CRISI, FILIERE E MARZIANI CORAGGIOSI

    Il quadro che emerge dai dati forniti dalla Camera di Commercio sull’economia salernitana è a tinte veramente scure. Per molti aspetti non c’è nulla di sorprendente. Arrivano, cioè, le conferme di una regressione in atto da tempo. Valore aggiunto (2012) in flessione dell’1,2%; saldo tra imprese iscritte e cessate negativo (-0,5%); contrazione dei fatturati; diminuzione degli occupati (-2,3%); “erosione dei consumi” e perfino il turismo alle prese con un calo di visitatori. Che cosa rimane di “buono”? L’agroalimentare – o per meglio dire l’agroindustria – mantiene e prova a “tirare” sull’export, ma non è uno sforzo semplice nelle condizioni “ambientali” ci ritroviamo. Il rapporto Cciaa-Tagliacarne contiene anche una scheda (“Analisi del contesto economico salernitano e ipotesi di interventi per lo sviluppo”) che vale la pena di leggere con attenzione, perché evidenzia alcuni dati che da soli chiariscono le ragioni della “deriva” di questo nostro sistema di sviluppo locale. Prima di tutto la polverizzazione del sistema imprenditoriale: il 63,3% del valore aggiunto del manifatturiero riguarda aziende con meno di 49 addetti, a fronte di un valore-Italia del 49,5%. Il tessuto imprenditoriale salernitano - sotto il profilo della configurazione giuridica - appare ancora eccessivamente caratterizzato dalle ditte individuali. Da notare, inoltre, il basso livello di produttività desumibile anche da specifici indicatori di bilancio (Roe). E’ in questo ambito che bisogna calarsi per rendersi conto che occorre al più presto un piano - serio e ben radicato nelle istanze del territorio – di politica industriale in grado di valorizzare l’unico “asset” vero e competitivo che ci resta: la filiera agroindustriale, appunto. Gli addetti in agricoltura rappresentano l’8 per cento del totale provinciale rispetto alla media italiana del 3,7%. La quota di valore aggiunto provinciale relativo del comparto primario è del 3,7%, mentre in Italia è del 2%. Le produzioni di qualità della provincia si attestano al 44% del totale regionale. Se questi sono i numeri, c’è poco da immaginare o progettare. Bisogna spingere - nell’ambito delle relazioni virtuose tra settore primario ed industria - in due direzioni che inevitabilmente si incrociano. La prima: aggregare “cluster” produttivi robusti ed in grado di fare massa critica sui mercati interni ed esteri sulla base della qualità che sanno esprimere. La seconda: individuare strumenti finanziari – sperimentandone di alternativi a quelli usuali (che potrebbero configurarsi anche in bond di distretto o di territorio) - finalizzati all’abbattimento del costo del denaro ed all’immissione effettiva di liquidità nel tessuto delle imprese. Certamente non è ancora tollerabile che i tassi di interesse praticati risultino mediamente più alti di quasi tre punti percentuali rispetto alla media nazionale: 10,66 in provincia di Salerno contro 7,8 in Italia. La ricetta “perfetta” non esiste, ovviamente. Ma non si può dire che le imprese non abbiano le idee chiare rispetto alla scala di priorità. Almeno a giudicare dalle iniziative che sollecitano all’Ente Camerale (sempre nell’ambito delle interviste contenute nel Rapporto presentato qualche giorno fa). Si parte dalla promozione del territorio (che può significare molte cose insieme) e si passa all’incentivazione delle reti di impresa ed allo snellimento degli oneri burocratici. Né mancano i riferimenti al sostegno all’export ed al miglioramento del sistema della formazione professionale. Siamo, insomma, alle solite. Le analisi e le diagnosi sono - ormai da tempo – approfondite ed esprimono responsi univoci. Non c’è da nutrire alcun dubbio: bisogna mettere insieme agricoltura, industria e turismo per dare più forza a singoli pezzi di territorio che da soli (senza alcun sostegno strategico ed effettivamente strutturato) stanno dimostrando di sapere vincere anche – se non soprattutto – fuori casa. Vale la pena di ripetersi: possibile che sia davvero un’impresa da marziani individuare un luogo fisico dove sedere intorno ad un tavolo pubblico e privato per provare a scrivere i provvedimenti necessari per fare decollare la filiera agroindustriale in provincia di Salerno? Possibile mai che non si possa ragionare per visioni larghe e partecipate, consapevoli che è in sede regionale che si programmano le risorse? Flaiano si occupò magnificamente di un marziano a Roma. Speriamo di potere presto raccontare le iniziative di pochi - ma coraggiosi - marziani qui a Salerno.


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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