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  • Lo Speciale

    Svimez/Nel 2013 coperto il 53,5% del fabbisogno standard delle regioni meridionali Trasferimenti ai Comuni, Campania cenerentola Solo 162 euro pro capite: il 65% in meno di quanto necessario per coprire il fabbisogno (356 euro). Aumenta la pressione fiscale locale, arrivata al 2,48% nel Mezzogiorno contro l’1,69% del Centro-Nord (46,7% in più).

    Dallo Stato solo il 35% del fabbisogno per i Comuni campani
    (Er. Pa.) – E’ un cane che si morde la coda. La tagliola si abbatte sui trasferimenti dallo Stato ai Comuni e colpisce in maniera più consistente il Sud? Bene. I Comuni meridionali aumentano la pressione fiscale. Con tanti saluti al principio della perequazione tra territori più fiscalmente strutturati ed aree (anche al Nord) in ritardo di sviluppo. È questo il quadro che emerge dallo studio “La finanza dei Comuni nel disegno di legge di stabilità 2015 e i principi della Costituzione” di Federico Pica e Fabrizio Greggi pubblicato sulla “Rivista economica del Mezzogiorno”, trimestrale della Svimez diretto da Riccardo Padovani. Il sistema dei trasferimenti dallo Stato ai Comuni delle regioni a statuto ordinario “non riduce - evidenzia la Svimez - ma accresce il divario tra ricchi e poveri: in base a simulazioni sugli schemi proposti da Luca Antonini e Piero Giarda nel 2013 ai Comuni del Centro-Nord è stato trasferito rispettivamente il 25% e quasi il 300% in più del fabbisogno teorico standard, mentre ai Comuni meridionali è arrivato soltanto il 53,5% di quanto ipotizzato”. Condotto su dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, “lo studio analizza l’andamento dei trasferimenti dallo Stato ai Comuni delle varie regioni italiane a statuto ordinario nel 2013 verificando se i trasferimenti effettivi corrispondano o meno agli “standard” elaborati negli schemi proposti dal Presidente della Copaff Luca Antonini (schema applicato già attualmente nel settore sanitario) e dall’ex Ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda”. [continua]




    I numeri dell'economia

    Ismea-Unioncamere/Il bilancio del settore primario (2014) evidenzia il calo del valore aggiunto (-2,2%). Agroalimentare, l’export frena ma è con il segno più L’incremento è stato del 2,4% per un valore di 34,3 miliardi di euro. La dinamica (anche se più contenuta rispetto al +5% del 2013) risulta lievemente più accelerata rispetto al risultato complessivo su scala nazionale (+2%, Istat). 

    Nel 2014 cala del 2,2% il valore aggiunto del settore primario
    ​di Mario Gallo
    Condizionato negativamente dal fattore climatico, il 2014 del comparto agricolo è stato un anno caratterizzato da luci ed ombre che, in particolare, hanno inciso negativamente sul valore aggiunto del settore, in calo del 2,2%. Ma, verosimilmente, ci si attende un 2015 in crescita, con una previsione di incremento della produttività media rispetto all’anno appena trascorso. A fare il punto sulla congiuntura del settore primario nazionale il Flash Update di AgrOsserva “Speciale bilancio 2014”, curato da Ismea e Unioncamere.
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    Approfondimenti

    L’analisi tecnica delle dinamiche introdotte dal “Jobs Act” varato dal Governo Renzi Assumere a tempo indeterminato? Ora conviene Alla prova dei numeri il contratto a tutele crescenti (insieme con lo sgravio contributivo) si rivela molto vantaggioso.

    Col Jobs Act contratto a tutele crescenti pił conveniente
    di Antonio Viviano*
    E’ giunto il momento di mettere alla prova la prima parte della riforma del lavoro, il Jobs Act, per vedere se effettivamente si è intrapresa la strada giusta. Sappiamo che tutte le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015 godono, nel rispetto dei requisiti previsti, dello sgravio contributivo per 3 anni fino a € 8.060; inoltre, ai contratti stipulati da marzo 2015 si applica la c.d. “Tutela Crescente” ossia quell’insieme di norme che offrono all’azienda maggiore certezza sugli esiti di un eventuale contenzioso relativo al licenziamento del lavoratore, in particolare nei casi di licenziamento per motivi economici dove è stata eliminata la reintegra nel posto di lavoro all’interno delle aziende con più di 15 dipendenti. È noto che la stipula di contratti a tempo determinato, la forma più utilizzata per evitare di appesantire il bilancio aziendale con i costi derivanti da un contratto a tempo indeterminato in periodi di grande incertezza produttiva, prevede il versamento dell’addizionale dell’1,4%  mensile che si aggiunge alla normale aliquota contributiva.
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    Green Style

    Studio della Coldiretti/Le dinamiche della spesa nel periodo della crisi economica La spending review delle famiglie colpisce la qualità in tavola “Il crollo più pesante ha riguardato l’olio di oliva con acquisti in calo del 25 per cento. Contrazione del 7% per frutta e verdura fresca: consumi per persona fermi nel 2014 a poco più di 130 chili all’anno (non più di 360 grammi al giorno rispetto ai 400 gr consigliati dall’Oms)”.

    “La crisi ha tagliato i consumi alimentari ma ha anche profondamente modificato le abitudini degli italiani che sono stati costretti a dire addio ai prodotti base della dieta mediterranea dall’olio al vino, dall’ortofrutta alla pasta fino al pane, sceso al minimo storico all’unità d’Italia, con pericolosi effetti per la salute”. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla spending review degli italiani nel carrello della spesa a partire dal 2008 con l’inizio della crisi. “Il crollo più pesante - sottolinea la Coldiretti - si è avuto per l’olio di oliva, riconosciuto unanimemente come elisir i lunga vita, con acquisti in calo del 25 per cento e consumi a persona scesi nel 2014 a 9,2 chili all’ anno, dietro la Spagna 10,4 chili e la Grecia che con 16,3 chili domina la classifica”. [continua]




    Glocal di Ernesto Pappalardo

    Circa seicento imprese coinvolte, nove convegni, focus su quattordici manifestazioni fieristiche. Expo 2015, la lezione emiliana Mentre si stenta a ravvisare una visione strategica per promuovere la Campania sulla ribalta internazionale, altri territori mettono in campo iniziative integrate con l’obiettivo di attivare accordi commerciali ed importanti ricadute in termini di flussi turistici.

    Man mano che si avvicina la data dell’inaugurazione di “Expo 2015” (1° maggio), si susseguono annunci sempre più disordinati e descrizioni di iniziative – più o meno mirabolanti – che enti, istituzioni, associazioni, imprese (e via discorrendo) hanno messo in campo per “intercettare” ricadute e riflessi di questo grande evento. Naturalmente, la confusione regna sovrana e non è assolutamente chiaro quale sarà la capacità reale (non mediatica) che la Campania avrà di inserirsi nel flusso virtuoso di una manifestazione così importante. Eppure proprio perché l’agro-alimentare e le varie tipologie di turismo sono punti di forza della nostra economia, forse, le cose si potevano fare in maniera, per così dire, diversa. Forse una maggiore capacità di integrazione di risorse, progetti, idee avrebbe potuto giovare alle economie della nostra regione che resta – a dispetto di tutto (politica e burocrazia in primis) – “titolare” di alcuni asset strategici senza rivali al mondo (se solo fossero valorizzati come si conviene). Se andiamo a verificare cosa è stato fatto in una regione più o meno simile per ambiti produttivi - l’Emilia Romagna - ci rendiamo conto di come si possa realmente provare a “fare sistema”, accantonando la declamazione di frasi fatte senza tradurre quasi mai in atti concreti ipotesi progettuali anche di notevole spessore qualitativo. [continua]




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