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  • I numeri dell'economia

    L’analisi dei dati riferiti al tasso di nati-mortalità nel primo trimestre del 2015 Imprese, saldo negativo in provincia di Salerno Ma risulta evidente il rallentamento della dinamica di ridimensionamento (-305 aziende rispetto a -600 di un anno fa).  Il comparto agricolo perde un ulteriore 2% dello stock di imprese registrate rispetto alla fine del 2014; le costruzioni si fermano a quota -0,3% mentre le attività commerciali ripetono il risultato dello stesso periodo dell’anno scorso quando diminuivano del -0,6%.

    Nel I trimestre 2015 la provincia di Salerno ha perso 305 imprese
    Anche nel I trimestre 2015 il saldo tra imprese nate e imprese cessate in provincia di Salerno è in campo negativo (-305), ma è evidente il rallentamento della dinamica di ridimensionamento che, nel I trimestre del 2014, aveva fatto registrare un saldo pari a -600 imprese. Con Salerno anche la Campania, in generale, fa registrare un tasso di crescita migliore rispetto a quello indicato dalla media nazionale (-0,14% rispetto a -0,31%). Questi alcuni dei numeri emersi dall’analisi dei dati Movimprese, relativi alla nati-mortalità delle imprese italiane tra gennaio e marzo, elaborati da InfoCamere sulla base del Registro delle imprese e diffusi da Unioncamere. [continua]




    Lo Speciale

    Al via il piano di rilancio del marchio salernitano con una nuova “narrazione” info/comunicativa. Amato, ecco la pasta “glocale” Di Martino: “Raggiunti importanti accordi in Italia per la diffusione sul territorio nazionale, ma puntiamo anche a riconquistare i mercati storici e a ritornare sugli scaffali del Medio Oriente”.
     

    Giuseppe Di Martino ed Alessia Passatordi
    di Ernesto Pappalardo
    Le dinamiche della competizione nell’agroalimentare (soprattutto) si basano sempre più sulla capacità di sapere coniugare il valore e la qualità dei territori con la capacità di conquistare e “sedurre” le più vaste tipologie di mercati internazionali. In altre parole, conta sempre di più “vendere” il “locale” all’interno di una visione “globale”. E’ una filosofia manageriale (di tipo “glocale”) che si pone l’obiettivo di intercettare la domanda estera (in questo momento predominante rispetto a quella interna) in maniera strutturale, facendola diventare l’asset vincente, in grado di attivare flussi finanziari importanti ai fini del miglioramento continuo del know how produttivo con tutto quello che ne consegue in termini di competitività
    . [continua]




    Approfondimenti

    L’analisi tecnica delle dinamiche introdotte dal provvedimento varato dal Governo Renzi. Il Jobs Act spinge i contratti a tempo indeterminato Ma una buona parte dei nuovi rapporti di lavoro derivano dalla stabilizzazione di precedenti collaborazioni a tempo determinato o nelle forme Co.Co.Pro.

    Dal Jobs Act numeri incoraggianti per l'occupazione
    di Antonio Viviano*
    Il Jobs Act comincia a sortire i primi effetti positivi sull’occupazione: i dati forniti dal Ministero del Lavoro, tratti dal sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie, ci dicono che a marzo 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, si è registrato un aumento del 49,06% dei contratti a tempo indeterminato, con una crescita totale delle assunzioni del 3,4% ed un aumento della base occupazionale dello 0,5%. Tutti numeri positivi ed incoraggianti. È evidente che l’incentivazione dei contratti a tempo indeterminato messa in atto dall’Esecutivo in carica, favorisce da un lato la stabilità dei rapporti e dall’altra la ripresa dei consumi interni.
    *
    Studio Viviano&Partners
    antonio@vivianoepartners.com
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    Green Style

    Presentato un documento con 10 punti “necessari per la definitiva affermazione del settore in Italia”. “Bio”, il “Memorandum 2.0” della Cia “Puntare sui Psr 2014-2020 e riformare il sistema di certificazione; potenziare il piano nazionale sementiero e incoraggiare la nascita di bio-distretti; semplificazione amministrativa con un testo unico e legge salva-suolo”.

    “Il 2015 rappresenta un'occasione unica per la definitiva affermazione dell'agricoltura biologica in Italia. Nessun segmento più del bio è coerente con i grandi obiettivi di Expo Nutrire il Pianeta Energia per la Vita, poiché è in grado di realizzare il nuovo paradigma dell’eco-intensificazione. Vale a dire ottenere produzioni più elevate sullo stesso terreno, ma sulla base di processi ecologici e non su input industriali”. E’ questo il riferimento programmatico di Anabio-Cia, che ha lanciato nei giorni scorsi il “Memorandum” per favorire un ulteriore sviluppo del settore. Secondo Anabio “a fronte di un positivo contesto di mercato (+17% nel corso dell'ultimo anno e un fatturato di 3,1 miliardi di euro tra consumi interni ed export), gli imprenditori bio si trovano ancora di fronte a tre diverse barriere: economiche, con l'insufficiente reddito derivante dall'attività agricola; di mercato, con la bassa disponibilità del bene terra, il costo del lavoro elevato e poco flessibile, la forte difficoltà di accesso al credito, la complessità burocratica; informative e culturali, con la cronica carenza del sistema della conoscenza”. [continua]




    Glocal di Ernesto Pappalardo

    I dati contenuti nel dossier sulla disuguaglianza economica della Fondazione Hume
     
    L’esercito degli “invisibili” risiede al Sud Circa 4,7 milioni di persone nelle regioni meridionali sono ai margini del mercato del lavoro: occupati in nero, disoccupati, scoraggiati. Tutti accomunati dalla mancanza di garanzie e tutele.
     

    Sono i soggetti invisibili, i “senza rete”, il “microcosmo degli esclusi o outsider”. Chi sono veramente? “Coloro che lavorano in nero (spesso immigrati), quindi senza alcuna garanzia, ma anche i disoccupati che cercano attivamente un'occupazione e i lavoratori scoraggiati che il lavoro non lo cercano perché non confidano di trovarlo”. Sono in netta maggioranza giovani e donne i principali protagonisti di quella che è stata definita “Terza società” (Carmine Fotina, il Sole 24 Ore del 26 aprile scorso). Nove milioni di persone in Italia (censiti nell’ambito del dossier sulla disuguaglianza economica della Fondazione David Hume) che costituiscono la “Terza società”, quella che viene dopo la Prima (lavoratori garantiti, dipendenti pubblici e privati permanenti nelle grandi aziende) e la Seconda (soggetti considerati più esposti al rischio, le piccole imprese, i loro addetti, e i lavoratori autonomi). I numeri sono semplicemente impressionanti. I dati riferiti al 2014 “raccontano” di 9 milioni di esclusi con quasi 3,2 milioni di occupati in nero (36% del totale), 2,9 milioni di inattivi disponibili a lavorare ma senza un impiego irregolare (32,6%) e 2,8 milioni di disoccupati “veri” (31%). [continua]




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