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  • Lo Speciale

    Rapporto Censis/Nel “cortocircuito” della crescita il modello delle Pmi “resiste” “Localismi produttivi” per uscire dalla crisi

    Diminuisce il numero delle imprese, ma la “spinta vitale” non si è affievolita
    Nei distretti si sperimentano le “soluzioni” gestionali per restare competitivi

    L’analisi proposta dal Censis nel consueto rapporto annuale, pur tra mille difficoltà dovute alla prolungata fase recessiva, lascia emergere la persistenza positiva del modello dei distretti produttivi nei quali si registra “una spinta vitale tutt'altro che sopita”. Le risposte di un panel composto da 230 aziende di distretto forniscono un quadro eloquente: “il 78% ha tentato di realizzare nuove linee di prodotto, il 75% ha cercato di rendere più efficienti le procedure di lavoro, quasi il 69% ha ridefinito le politiche commerciali, il 65% ha migliorato o apportato modifiche agli impianti di produzione, quasi nel 58% dei casi sono state apportate modifiche ai vertici aziendali”. Questo non significa, però, che “l'onda della ristrutturazione non ha risparmiato i distretti industriali, ridefinendone i contorni, mettendone in discussione l'organizzazione, imponendo nuovi equilibri nei rapporti tra impresa e comunità di riferimento”. Tra il 2009 e il 2012, in un campione di 56 distretti industriali – “da più lungo tempo presenti nel Paese” - il Censis “ha stimato una flessione del numero di imprese collocate nelle singole filiere di specializzazione pari al 3,8%”. A conti fatti “si tratta di quasi 2.000 unità produttive uscite dal mercato in un breve arco temporale”. Ma è lo stesso Censis ad evidenziare che “questo ridimensionamento strutturale contrasta con la crescita sostenuta sui mercati esteri”. Nella prima metà del 2013 “le esportazioni di 150 distretti manifatturieri italiani sono cresciute del 3%, a fronte di una flessione dello 0,6% registrata dal resto del manifatturiero”. In altre parole: il modello è ancora valido ed ha trovato al suo interno le strategie più efficaci per fare fronte ad uno scenario che ha, invece, messo a dura prova la resistenza del manifatturiero italiano. [continua]




    I numeri dell'economia

    Confartigianato/Il difficile scenario dei livelli occupazionali nel comparto edile Costruzioni, in Campania persi 19.000 posti in un anno

    Nel periodo 2007-2012  la perdita di valore aggiunto del settore tocca il 22,2% 
    In consistente calo anche i finanziamenti alle imprese con una flessione del 2,8% 

    Il rapporto di Confartigianato, frutto di una elaborazione dell’Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat, ha provato ad analizzare l’impatto della crisi sul settore dell’edilizia ricavandone, per il 2013, un quadro sicuramente poco confortante. Basti, a conferma di ciò, il dato che vede il settore perdere ben 123.000 lavoratori tra settembre 2012 e settembre 2013, il 7,1% in meno. Tale calo si somma a quanto il rapporto evidenzia essere avvenuto a partire dal terzo trimestre 2008, portando la perdita complessiva a 400.000 posti di lavoro, il 20% in meno. Peggiore della media nazionale è il dato riferito alla Campania: dal settembre 2012 al settembre di quest’anno il settore delle costruzioni ha perso, in regione, oltre 19.000 lavoratori (-15,6% in un anno), mentre il dato sale a circa 57.000 (-35,2%) se si prendono in considerazioni i numeri forniti a partire dal terzo trimestre del 2008. Il quadro complessivo che emerge dalle rilevazioni si presenta nettamente negativo. Nel 2012 il valore aggiunto del settore è diminuito del 5,8% rispetto al 2011, ma, se si estende la rilevazione al periodo pre-crisi (dal 2007 al 2012), la perdita di valore aggiunto delle costruzioni tocca il 22,2%, il calo maggiore tra i settori economici che hanno perso in media il 6,6% del valore aggiunto.  [continua]




    Approfondimenti

    Al via l’iniziativa a cura del Laboratorio Giornalistico Sociale di Salerno

    Ecco “Paperboy”, il primo giornale italiano 
    realizzato da ragazzi diversamente abili
    Prevista l’iscrizione del gruppo di lavoro all’Ordine Nazionale dei Giornalisti
    La pubblicazione diretta da Umberto Adinolfi sarà distribuita con cadenza mensile

    Nella sala convegni del Centro Sociale di Salerno ha avuto luogo la presentazione ufficiale del periodico "Paperboy", la prima iniziativa operativa del neonato "Laboratorio giornalistico sociale". All'evento sono intervenuti il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, il presidente de "Il Villaggio di Esteban" Carlo Noviello, il presidente dell'associazione “Giovamente” Luca Goffredo e l'assessore comunale alle Politiche Sociali Nino Savastano. Ha moderato il direttore responsabile di "Paperboy" Umberto Adinolfi. Il progetto del "Laboratorio Giornalistico Sociale" nasce all'inizio del 2013 da un'iniziativa comune della cooperativa sociale "Il Villaggio di Esteban", dell'associazione culturale "Giovamente" e del giornalista professionista Umberto Adinolfi. Le attività del laboratorio sono partite lo scorso mese di giugno, con l'allestimento della redazione del periodico "Paperboy", lo svolgimento di lezioni su storia e tecnica del giornalismo e attività pratiche relative alle modalità di video-impaginazione di prodotti per l'editoria. [continua]




    Green Style

    Ismea-Qualivita/Positivo il bilancio 2012 delle produzioni tipiche locali certificate Dop e Igp, il Made in Italy vincente

    Maggiore incremento per l’ortofrutta: fatturato +25% e consumo +22%, bene i formaggi
    Giro d’affari pari a 12,6 miliardi (+5% su base annua), 9 miliardi sul mercato interno

    La crisi non tocca il mercato dei prodotti italiani Dop e Igp che hanno chiuso positivamente il 2012 sia sul fronte produttivo, sia sul piano del risultato economico. I dati vengono evidenziati nell’ultimo rapporto Ismea-Qualivita che, riguardo all’andamento dei fatturati, stima un incremento di oltre il 2% del valore alla produzione, attestatosi a 7 miliardi di euro, ed un giro d’affari al consumo pari a 12,6 miliardi di euro (+5% su base annua), di cui 9 realizzati sul mercato interno. Nel dettaglio sono gli ortofrutticoli a registrare il maggiore incremento sia nel fatturato alla produzione che nel consumo (rispettivamente +25% e +22%), ma in crescita risultano anche i formaggi (+1% alla produzione e +6% al consumo). Per quanto riguarda i prodotti a base di carne, se i valori alla produzione evidenziano andamenti in linea con quanto rilevato nel 2011, risultano in crescita di circa l’1% quelli relativi a consumo. Ottimi gli incrementi relativi alle carni fresche (+23% alla prima fase di scambio e +13% a prezzi finali), in flessione, invece, gli oli extravergini (rispettivamente -4% circa e -9%). [continua]




    Glocal di Ernesto Pappalardo

    Il Rapporto Censis/Politica ed Istituzioni in crisi d’identità ritardano la ripartenza La “connettività” per battere l’auto-referenzialità

    Mentre si allarga il divario tra Nord (più europeo) e Sud (più greco) del Paese 
    stentano a prendere piede le buone pratiche di partenariato pubblico/privato

    Il ragionamento è, per la verità, abbastanza vecchiotto. Ma, poiché non si vede all’orizzonte alcun cambiamento reale di rotta, tocca riproporlo. A dispetto di annunci e preannunci di chissà quale imminente inversione epocale, nei prossimi mesi nelle regioni meridionali non c’è da attendersi una vera e propria ripartenza del sistema produttivo. Il quadro economico regionale e provinciale segnala che la maggioranza degli indicatori oscillano verso un’area “meno negativa” del solito. La crisi, cioè, è ancora molto forte, ma ci sono accenni meno pessimistici. Tutto qua. La spiegazione anche in questo caso è più o meno semplice: una volta giunti al fondo del pozzo, coloro che sono ancora dell’idea di non sbaraccare e di restare in campo devono per forza di cose aprirsi a prospettive più propositive. Vero è che a livello di sistema-Italia ci sono indizi di un lieve miglioramento, ma nel Mezzogiorno le cose sono molto più complesse e difficili. Il divario con il Centro/Nord non è un’invenzione mediatica. Esiste sul serio e fa sentire i suoi effetti in termini di tenore di vita, ricchezza pro-capite, livelli occupazionali, reale potere di acquisto dei salari e via discorrendo. Ma nonostante tutto questo, non si è giunti, per fortuna, al collasso produttivo. Anche questo è un dato di fatto di cui va tenuto adeguatamente conto. L’inaffidabilità della politica e delle istituzioni, insomma, non è ancora riuscita a bloccare del tutto la capacità di provare a dare risposte dal basso. [continua]




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